di Ambra Sansolini
Introduzione
Quando ci sono figli in comune con l’uomo violento, tirarsi fuori dalla trappola diventa complicato. Abbiamo già analizzato il modo di comunicare dell’abusante ed è stato possibile notare come questo cambi a seconda delle fasi della relazione. Ma c’è un punto in cui raggiunge l’apice del sadismo e questo riguarda la gestione della prole.
D’altronde ha creato famiglia proprio per mettere un laccio alla sua preda e i figli sono l’arma più potente di cui dispone per arrecare danno all’ex compagna o moglie. Va sottolineato però che tutto questo gli è reso possibile da uno Stato che non tutela le vittime di violenza e considera ancora un partner violento come un buon padre. Ogni ramo genitoriale è essenziale per la crescita di un bambino, ma quando siamo davanti a un soggetto patologico non si può lasciare che agisca liberamente o eserciti la potestà senza vincoli. In Italia le donne vengono così lasciate sole a combattere con individui irreprensibili, senza alcuna possibilità di difesa e impedendo loro di tornare a vivere serenamente. Mentre ci auguriamo che questo stillicidio finisca al più presto, intanto forniamo alle vittime gli strumenti giusti per affrontare uomini disturbati e altamente pericolosi. Se nessuno viene a liberarci, dovremmo pur liberarci da sole…
La paternità come maschera del carnefice
Se un Magistrato generalmente dà poco peso agli episodi di violenza segnalati dalla vittima, esiste una condizione in cui questi assumono connotati davvero irrilevanti: quando querelante e querelato si “contendono” uno o più figli. Allora ogni grido di aiuto viene interpretato solamente come un goffo tentativo per infangare l’altro genitore. Eventualità, questa, che può senz’altro presentarsi, ma che non deve essere trasformata nell’alibi di ferro a favore del carnefice. Diciamo semplicemente che ogni caso è a sé e pertanto andrebbe valutata dettagliatamente ogni storia di violenza, senza l’influenza di pregiudizi o altre generalizzazioni. Purtroppo l’Autorità giudiziaria va ancora alla ricerca dell’aggressione fisica, sottovalutando tutti i segnali che la precedono e che talvolta costituiscono già di per sé una forma di abuso gravissima: la violenza psicologica. Nessuno dà importanza alle continue vessazioni in cui è costretta a vivere una donna che divide dei figli con un narcisista perverso o uno psicopatico, come se in virtù di quella malsana idea della “famiglia a tutti i costi”, essa sia costretta a subire in silenzio. Tutto ciò diventa lo scenario preferito dell’abusante, nel quale si muove abilmente e in modo sadico. La vittima si troverà così completamente sola, intrappolata nelle psicotiche e obbligate comunicazioni con l’ex partner. Dall’altra parte l’aguzzino avrà invece sempre una porta aperta per tenere il contatto e il controllo su colei che ritiene un suo oggetto.
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