di Ambra Sansolini
Introduzione
L’infanzia delle creature femminili è sempre stata accompagnata dalle favole. Un costume radicato quello di far crescere le bambine con l’idea che la felicità coincide sempre con una storia d’amore. Le protagoniste sono donne che devono essere salvate o al contrario che devono liberare l’uomo da un destino malvagio. In ogni caso sono costrette a guadagnarsi il sentimento con mille peripezie e sofferenze. Come se l’amore fosse un merito, un premio elargito dall’altra persona, qualcosa da conquistare, rinunciando persino a sé stesse. Alla base della violenza sulle donne c’è anche questo sostrato culturale. Se la mente di una bambina viene plasmata da tali modelli, non meravigliamoci quando da adulta sarà la compagna o moglie disposta ad accettare qualsiasi sopruso, pur di guadagnarsi una briciola di amore.
Cenerentola
Quale bambina non è venuta a contatto con la favola di “Cenerentola”? La vita disagiata della protagonista tra le prepotenze della matrigna e delle sorellastre sembra poter trovare un bagliore di luce con l’arrivo del principe. La figura maschile è presentata come degna delle prove, che devono superare le donne per prendere il suo cuore. Questa situazione ci ricorda un po’ l’harem del narcisista perverso, che crea appositamente competizione e gara tra le varie pretendenti, nuove e del passato. La solidarietà tra creature femminili viene così seppellita, perché diventa prioritario ottenere le grazie e l’attenzione dell’uomo. Riflettiamo e pensiamo che se le donne fossero più unite, riuscirebbero a mettere fine alla violenza.
Biancaneve
L’episodio di Biancaneve si snoda attorno alla rivalità tra personaggi femminili. La forte invidia,
provata dalla matrigna nei confronti della bellezza della protagonista, la porta a compiere gesti nefandi fino alla tentata uccisione della fanciulla. Torna sempre il cliché del principe in sella al cavallo bianco, che vuole salvare la ragazza e custodirla nel suo castello. Centrale è l’immagine
della donna, che viene relegata all’interno di un ambiente domestico come in una gabbia dorata. Che si tratti di un’abitazione umile o di un sontuoso palazzo nobile, diventa in ogni caso una prigione. Nelle favole sembra che per avere l’amore tanto agognato sia necessario rinunciare alla libertà.
La bella e la bestia
In questa storia troviamo da una parte l’infondata idea femminile per cui attraverso l’amore sia possibile cambiare il partner, dall’altra le vessazioni messe in atto da un uomo che non si rassegna al rifiuto della ragazza. La protagonista, Belle, riesce a tirare fuori da una bestia tutta la dolcezza di un amore impossibile. Gaston, un giovane nobile innamorato della stessa, assume i tratti dello stalker che mette in atto vari piani pur di avere la fanciulla anche contro la sua volontà. Nel finale, il persecutore rifiutato giunge a ferire a morte la bestia.
La bella addormentata nel bosco
Il racconto narra di un principe che salva la protagonista. L’amaro destino della fanciulla è inflitto da una donna, una fata cattiva che le lancia una maledizione durante il battesimo. È ancora una creatura femminile a causare sofferenze in una sua “sorella”. Nella seconda parte della storia, che non compare nella versione dei Grimm e in quelle successive, dal matrimonio tra la ragazza e il principe nascono due figli, Aurora e Giorno. La vita privata dell’uomo viene tenuta nascosta alla madre, che proviene da una famiglia di orchi divoratori di bambini. Quando ella però scopre la famiglia del figlio, decide di sterminarla. Ordina che gli siano serviti da mangiare i due nipoti e la nuora. Pur non riuscendo nel suo malefico piano, dobbiamo sottolineare come ancora una volta sia presente la figura di una donna contro una sua simile. Va anche ricordato che in alcune storie di violenza domestica le madri degli uomini hanno un ruolo centrale negli abusi compiuti: molto spesso c’è un legame morboso tra la figura materna e il figlio, che impedisce il normale sviluppo affettivo di quest’ultimo. Come se, oltre a loro due, non ci fosse spazio per nessun altro.
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Rapunzel
In questa favola moderna ritroviamo l’accesa rivalità femminile. La malvagia Gothel rapisce la protagonista, che nei suoi capelli ha i poteri magici di un fiore, capace di ringiovanire le persone. La bambina viene così rinchiusa in una torre isolata in mezzo alla foresta. Non manca il personaggio maschile con il ruolo da salvatore, anche se in questo racconto avviene più per caso che per scelta: si tratta di Flynn. Dopo aver rubato il diadema della principessa perduta, mentre è inseguito dalle guardie, si rifugia nella torre, senza sapere che lì alloggia Rapunzel. I due vengono a un patto: se farà vedere alla fanciulla le bellezze del mondo, questa gli restituirà la corona nascosta. Quando Gothel si accorge della fuga della ragazza, con l’aiuto delle guardie riesce a catturare Flynn. Nel momento in cui questo riesce a liberarsi, raggiunge l’amata nella torre, dove viene pugnalato da Gothel. Per amore la principessa è disposta a seguire per sempre Gothel pur di salvare la vita all’uomo, ma quest’ultimo preferisce morire piuttosto che saperla schiava, così le taglia i capelli e mette fine alla magia. La donna cattiva invecchia velocemente e muore, inciampando nei capelli tagliati e precipitando dalla torre. Mentre una lacrima scende dal viso di Rapunzel sul viso dell’uomo morente, d’un tratto egli guarisce e si riprende. Nel racconto, accanto alla creatura femminile in grado anche di rinunciare alla libertà pur di salvare l’amato, troviamo l’uomo che preferisce morire anziché saperla schiava. Una protagonista meno passiva e decisamente più ribelle delle altre. Questa volta l’amore è il ponte che conduce dalla segregazione alla libertà e non da un tipo di prigione a un’altra dorata. Non si parla di palazzi sontuosi o castelli, ma del mondo fuori e delle luci.
Il cieco odio di una donna contro la fanciulla è sempre legato a questioni banali come la bellezza, la giovinezza e tutto ciò che concerne l’apparenza.
Conclusioni
Nelle favole per bambine le protagoniste femminili sono sempre passive, remissive e sofferenti per i mali cagionati da altre “sorelle”. L’uomo arriva quindi per salvare ed è lui a scegliere l’amata. L’amore diventa dunque una specie di fuga da una vita, fatta di difficoltà e dolori. Per questo,
il castello o il palazzo nobile non vengono visti come argine alla libertà. La figura femminile crede di poter cambiare l’uomo e poiché si tratta di un mondo magico, ci riesce. Le favole finiscono con il lieto evento e la classica frase “e vissero felici e contenti”.
Nelle storie di violenza, le donne che arrivano a instaurare relazioni con uomini abusanti spesso stanno attraversando un periodo di particolare fragilità o hanno alle spalle un passato deludente. Allora cercano il riscatto e l’innalzamento attraverso un amore da favola. Che debbano salvare o essere salvate, la sostanza è sempre la stessa. Credono e sperano di poter cambiare il marito o il compagno. Non c’è nulla di più deleterio dell’idea di un amore che guarisce, che redime e fa miracoli. La verità è che le persone non cambiano e tanto meno gli uomini violenti, a meno che si tratti di eventi fantasticati e intrisi di magia. Non basta scappare in una relazione per fuggire ai propri fantasmi: bisogna trovare il coraggio di guardarsi dentro e affrontare le avversità della vita. Nella condotta fedifraga del maltrattante le figure femminili arrivano a competere l’una contro l’altra, pur di avere un posto nella vita di colui che non vede nessuno all’infuori di sé. Non di rado, l’attuazione di alcuni soprusi coinvolge direttamente anche altre donne. Finché non ci sarà “sorellanza” a tinte rosa, sarà un’impresa ardua mettere fine alla violenza: i carnefici approfittano di questa profonda rivalità e ci sguazzano alla grande. Chiudersi in un rapporto, che sia dentro un appartamento o in un castello, è sempre nocivo. Per assaporare la felicità non occorre essere in due. Iniziamo a costruire un altro tipo di finale, che recita “e visse felice e contenta”. Diamo priorità a noi stesse e se poi arriva l’amore, ben venga. Ma non cerchiamolo a tutti i costi, non consideriamolo come un premio che deve essere elargito dall’altro e che va sudato o conquistato a suon di lacrime e sofferenze. A prescindere da qualsiasi rapporto e ruolo, siamo sempre degne di amore e rispetto. La donna non è un oggetto conteso dai pretendenti, perché sa scegliere e dire no. Immaginiamo una favola in cui due uomini combattono per una donna e alla fine questa rifiuta anche il vincitore. Iniziamo a designare figure femminili capaci di ribellarsi al ruolo marginale che vorrebbero dargli certi uomini. Pensiamo a una bella addormentata nel bosco, che si sveglia con il bacio del principe e poi mentre questo ormai la pensa per sempre sua, ella scende dal cavallo e scappa nel senso opposto. Chiudiamo gli occhi e proviamo a vedere le sorellastre di Cenerentola, anziché soggiogare la fanciulla e tentare a ogni costo d’infilare il piede nella scarpa, tirare in aria l’elegante calzatura e danzare tutte insieme con le sneakers davanti al principe sbalordito.
«E piove […] su la favola bella/ che ieri/ t’illuse, che oggi m’illude,/ o Ermione. […]
E piove […] su la favola bella/che ieri/m’illuse, che oggi t’illude,/ o Ermione». (G. D’Annunzio “La pioggia nel pineto”).