di Ambra Sansolini
La donna nella preistoria
Nella preistoria la donna aveva un ruolo centrale, in quanto creatura capace di donare la vita. Esisteva infatti il culto della dea Madre.
Con l’avvento del patriarcato, già a partire dal paleolitico e dal neolitico, iniziava invece ad essere proprietà dei capi tribù.
Un bagliore di luce nel buio
Una breve parentesi si avrà con l’avvento dei Sumeri, della civiltà egizia e poi dei Babilonesi: la donna aveva la sua indipendenza giuridica ed era protagonista della realtà socio-politica.
La donna nell’antica Grecia
Nell’antica Grecia, la donna era considerata un essere inferiore e per questo era reclusa dentro le mura domestiche. Non era un soggetto politico, bensì solamente una fonte di piacere sessuale. Viveva quindi in uno stato di completa minorità rispetto all’uomo. Incapace di fare testamento, era soggetta alla tutela del padre e del marito. Ritenuta un essere irresponsabile, il suo adulterio era punito con la morte, proprio come è accaduto in Italia fino al 1981, con il delitto d’onore. Aristotele affermava che «il silenzio reca grazia alle donne» e Platone le definiva “inganno astuto”. A conferire loro il vero valore, fu Euripide ( V sec. a.C.): « Le donne sono la coscienza critica della società e sono sottoposte a destini atroci, perché si è consapevoli della loro forza titanica».
La figura della donna in epoca romana
In epoca romana, la donna ha iniziato a ricevere qualche riconoscimento e a ricoprire un ruolo attivo all’interno della società. Come nell’antica Grecia, vi erano grandi differenze della condizione femminile tra le varie classi sociali, schiave e matrone. Le donne che facevano parte degli strati meno abbienti, potevano prendere parte ai banchetti e venivano considerate le consigliere dei mariti, anche se il loro compito principale era quello di educare i figli.
Ricordiamo a tal proposito la figura di Cornelia, madre dei Gracchi e figlia di Publio Cornelio Scipione l’Africano, simbolo dell’integrità morale e modello di donna esemplare.
L’antica Roma e il femminicidio
Nonostante ciò, la società era pur sempre a stampo patriarcale, fondata sulla centralità del pater familias e la figura femminile era oggetto di proprietà del marito. Pertanto, abbiamo prova, già in questo periodo, degli omicidi compiuti dagli uomini ai danni delle donne. Secondo gli studiosi, archeologi e storici, le iscrizioni funerarie, ci hanno permesso di ricostruire alcune storie. Le epigrafi rinvenute sulle lapidi, riguardavano soprattutto la classe media, ma si deduce che negli strati sociali inferiori, la violenza fosse ancora più acuta. Il fenomeno non risparmiava neppure le donne ricche o celebri. Tacito negli “Annali”, parlava di Ponzia Postumina,la quale, vissuta all’epoca di Nerone, commise adulterio con il tribuno della plebe Ottavio Sagitta e venne poi uccisa nella stessa notte di passione. La condanna per l’uomo fu l’esilio su un’isola per tredici anni.
La legge antenata dello stalking
Fino all’epoca repubblicana, vigeva l’ideale muliebre, per cui la donna era “l’angelo del focolare”. Fu sotto il principato di Augusto che aumentò l’autonomia delle donne, tanto che alcune iniziavano ad esercitare la professione di avvocato.
Dal II sec. a. C., esisteva una legge che perseguiva il corteggiamento troppo insistente: l’ “edictum de adtemptata pudicitia”. Tuttavia questo era considerato un reato meno grave, qualora si trattasse di una schiava e di una vestita come tale o come una prostituta. Si nota chiaramente come già molti secoli fa, la provocazione femminile relativa all’abbigliamento, fosse considerata a discolpa per l’uomo violento.
L’oscurantismo del Medioevo e del Cristianesimo
Durante il Medioevo e il Cristianesimo, la donna viveva ancora in una condizione subalterna. Nella lettera del Santo Paolo di Tarso a Timoteo, si legge: «La donna impari in silenzio, in piena sottomissione. Non permetto alla donna d’insegnare né di dominare sull’uomo; rimanga piuttosto in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non Adamo fu ingannato, ma chi si rese colpevole di trasgressione fu la donna, che si lasciò sedurre».
Secondo la religione cristiana, la donna era ritenuta un essere buono e dolce, incapace di fare il male. Ma non aveva alcun diritto di dare il suo apporto, sul piano intellettuale.
Con l’invasione dei Longobardi in Italia, la donna era oggetto del guerriero. Le nozze erano concordate e organizzate senza il suo consenso.
Solamente durante la tarda età comunale, la donna ha conosciuto un’evoluzione sociale e intellettuale (Chiara d’Assisi, Santa Caterina da Siena). Tale conquista è stata poi vanificata durante la Controriforma, in cui la donna si è vista ancora, per l’ennesima volta, relegata a mansioni domestiche e sottratta alla cultura.
La caccia alle streghe
Dal Medioevo fino alla Rivoluzione francese del 1789, la donna era vista come l’incarnazione del male. Ha preso inizio così la caccia alle streghe, attuata con torture e rogo. Era una specie di spettacolo del fine settimana, realizzato da tutte le piccole città d’Europa. L’ultima donna messa al rogo, risale ai primi decenni del XVIII sec. in America latina. Questa disumana pratica era rivolta a tutte coloro che avevano un comportamento diverso dalle mode imperanti e che erano in conflitto con il sistema intellettuale dominante. A dispetto del clima di violenta oppressione, cominciava a svilupparsi la figura della donna-filosofa.
Il rinascimento e l’Illuminismo escludono il “lume” della donna
Nel Rinascimento e nell’Illuminismo, pur assistendo alla rinascita di tutte le forme di arte, la donna era completamente esclusa dall’ambito intellettuale. Anche Rousseau nell’“Emilio”, si esprimeva riguardo il rapporto tra il sesso maschile e quello femminile: «L’uno deve essere attivo e forte, l’altro passivo e debole; è necessario che l’uno voglia e possa, è sufficiente che l’altro offra poca resistenza». Secondo tale visione l’uomo è il forte, il padrone, il destinatario dei piaceri; la donna la debole, l’accogliente, colei che offre il piacere, che in tutto dipende dal suo compagno.
Le rivoluzioni di fine Settecento e i diritti civili
Con l’avvento della Rivoluzione francese e americana, la donna ha visto riconoscersi i propri diritti civili, non ancora quelli politici. Cominciava ad affermarsi infatti nel campo dell’educazione, soprattutto in Francia, Italia e in Gran Bretagna, guidata dall’ardore romantico e risorgimentale. A tali conquiste, si contrapponeva la retrograda concezione della sessualità femminile, ritenuta priva di desideri e quindi degna di appagamento solo attraverso il parto e la cura dei bambini.
Nella metà del secolo XIX, nel 1865, il nuovo codice prevedeva: l’alienabilità della dote, la corresponsabilità verso i figli e la reciprocità degli obblighi economici dei coniugi. In questo stesso periodo, la donna ha avuto accesso agli studi superiori. La prima donna laureata in Italia, risale al 1877.
Arretratezza dell’Italia rispetto agli altri paesi
Negli Stati Uniti, nel 1840, entrava in vigore una legge secondo la quale la donna sposata, poteva disporre dei suoi guadagni e dei suoi beni personali. La stessa legge, in Italia, è stata emanata solo nel 1919.
Durante la prima guerra mondiale, dodici Stati della Confederazione americana, approvavano il diritto politico della donna. Hanno seguito poi: Danimarca, Paesi Bassi, URSS e Islanda. Nel 1918 si è aggiunta la Gran Bretagna, garantendo tale diritto esclusivamente alle donne che avessero compiuto i trent’anni di età. Tra il primo e il secondo conflitto mondiale, l’America e il resto dell’Europa, hanno visto confermato il diritto di voto alle donne.
In Italia, il diritto di voto femminile, è stato conquistato molto più tardi e cioè nel 1945, per poi trovare concreta espressione nel referendum Monarchia/Repubblica dell’8 Giugno 1946. Nel 1962 invece, abbiamo assistito alla parità giuridica sul lavoro, in contrasto alla condizione subalterna della donna nell’ambito familiare.
Lo stupro dall’antichità ai giorni nostri
Nella Bibbia lo stupro è considerato un reato contro la proprietà, in quanto la donna è proprietà dell’uomo. La pena che ne consegue, scontata con la morte, riguarda sia l’uomo autore del misfatto che la vittima, qualora sia sposata.
In epoca romana, lo stupro non è reato se compiuto dai vincitori sulle donne dei vinti o se seguito da matrimonio ( come nel ratto delle Sabine).
Durante il Medioevo, lo stupro è lecito o meno in base alla verginità e alla classe sociale della donna.
Nel Rinascimento e nell’Illuminismo, se la donna stuprata resta incinta, è perché ha provato piacere e pertanto viene ritenuta colpevole.
Dall’Ottocento fino al 1950, in Italia le ragazze minorenni stuprate, erano messe in riformatorio.
Oggi, nonostante siano stati fatti molti passi in avanti a riguardo, regna ancora il pregiudizio sociale arcaico, della provocazione femminile relativa all’abbigliamento come concausa del reato. Come se ciò non bastasse, vi si aggiungono gli aberranti giudizi della gente, facilmente diffusi con l’avvento dei social network. Fatto sta, che la donna vittima di stupro, per un motivo o un altro, non viene ancora considerata completamente parte lesa del tragico evento. Come se, l’unica colpa che può essere imputata alle vittime, sia quella di essere nate donne.
Conclusioni
Per comprendere pienamente il fenomeno della violenza sulle donne, dobbiamo volgere il nostro sguardo al passato. Tanto più un meccanismo è radicato nel tempo, tanto più diventa complicato estirparlo. Tuttavia, come affermava prima Cicerone e poi Machiavelli, “La Storia è maestra di vita”. In questa visione edificante, la storia è ciclica e indica gli errori da non commettere più.
Dobbiamo renderci conto una volta per tutte, che ancora siamo immersi in schemi mentali arcaici, in netta contraddizione con i diritti umani e il progresso della globalizzazione.
Bellissimo articolo. Apprezzato Molto dagli alunni.
E’ possibile conoscere il titolo della scultura, il nome dello scultore e il luogo in cui si trova?
La ringrazio per tutto il suo contributo
L’immagine raffigura parte della fontana di Pallade Atena (dea della saggezza), situata di fronte al Palazzo del Parlamento di Vienna. Lo scultore, autore dell’opera, che risale al 1902, è Kundmann. Nell’immagine sul mio sito non si vedono : la statua di Atena, alta quattro metri e due figure, sdraiate ai lati, che simboleggiano i fiumi dei territori asburgici, l’Elba e il Modau. Sotto ci sono due figure femminili, simbolo del potere esecutivo e legislativo. Il particolare della foto in questione, ovvero l’uomo e la donna, rappresentano-rispettivamente- i due fiumi più importanti dell’Austria: l’Inn e il Danubio.
Mi fa piacere che anche gli studenti possano avvicinarsi, tramite la cultura, ad argomenti importanti come la violenza.
Buon lavoro
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Grazie per la precisazione. Un caro saluto