di Ambra Sansolini
Le gomme dure
Cosa accade quando il carnefice si sente un boss e crea una specie di banda per distruggere la vittima?
Nell’accezione comune il reato di stalking o atti persecutori prevede appostamenti del carnefice presso l’abitazione, la sede di lavoro o i luoghi frequentati dalla vittima. Ma esiste una forma atipica di questo crimine, che si attua quando a pedinare non è direttamente lo stalker, ma amici, conoscenti o familiari dello stesso. Sicuramente meno frequente del caso più comune, soprattutto perché non è facile trovare qualcuno che sia disposto a rischiare per un’azione illecita, voluta da un altro. Quindi, in che maniera l’uomo violento riesce a trovare dei “collaboratori”? Solitamente si tratta di un soggetto già inserito nella vita criminale o comunque di un antisociale, ossia di un individuo pericoloso per chiunque. Spesso, il reclutamento dei complici avviene dietro compenso pecuniario o scambi di favori inerenti ad attività delittuose già avviate. Va ricordato che quasi sempre l’abusante è un narcisista perverso o uno psicopatico e pertanto tutte le sue relazioni interpersonali sono prive di critica e dissensi. Nessuno può osare contraddirlo e la formula con la quale vive è “o con me o contro di me”. Da ciò ne segue il totale assoggettamento di tutti coloro che sono riconosciuti come amici o con i quali stringe qualsiasi tipo di legame. Ecco spiegata la facilità con cui arriva ad avere dei complici, disposti a tutto pur di servire il loro “re”. Si tratta di persone affette dal suo stesso disturbo di personalità oppure di vittime, incapaci di ribellarsi. A quest’ultima categoria appartengono quelle che gli specialisti definiscono “scimmie alate”.
Perché l’aguzzino non si espone in maniera diretta? Sicuramente per evitare di essere punito dalla Legge e depistare le indagini della magistratura. Ma dietro a questa scelta c’è anche un vero e proprio delirio di onnipotenza: il carnefice si sente un po’ come il “boss” della situazione. Il suo ego malato, mentre usa terze persone per controllare la sua preda, arriva alle stelle. Diventa così il regista di un film dell’orrore.
Nel romanzo “Su ali di farfalla” viene presentata anche questo tipo di violenza. Abbiamo ancora incontrato la donna in questione, che per motivi di privacy chiameremo Agnese. Ricordiamo, a chi ancora non avesse letto il libro, che l’uomo violento invece ha il nome di Leonardo.
Ciao Agnese. Ci troviamo ancora a parlare della tua storia
Ciao. Sarò sempre a disposizione per dare la mia testimonianze, sperando possa essere di aiuto ad altre donne.
Nel libro abbiamo raccontato la forma di stalking che hai subìto, definita sui generis. Quando sono iniziati gli atti persecutori?
Dopo circa otto anni che avevo chiuso la relazione. Anche se, da quando l’ho lasciato, non c’è stato un attimo in cui non abbia controllato la mia vita.
Intendi dire che hai continuamente vissuto atti persecutori?
No, non nella maniera considerata dalla nostra Legge. Lo stalking vero e proprio è iniziato circa due anni fa, ma prima Leonardo si è insinuato nella quotidianità attraverso persone a me vicine. Mi controllava attraverso coloro che frequentavo o conoscevo.
Questo avveniva con minacce o altre modalità violente?
No. Aveva messo in atto una campagna di diffamazione ai miei danni. Manipolava e usava le emozioni degli altri a suo vantaggio, per portarli dalla sua parte e metterli contro me.
Torniamo a parlare dell’ultima vicenda di persecuzione. Quella vera e propria diciamo. Come ti sei accorta di essere seguita?
Da tempo avevo questa terribile sensazione. Ma la totale presa di coscienza è avvenuta mentre ero seduta a scrivere sui tavolini di un bar e ho visto uscire un tale, che mi guardò e fece una specie di ghigno, misto tra compiacimento e soddisfazione. Ebbi quindi un lampo di mente e collegai subito le percezioni che avevo da tempo a questo fatto. Mi alzai di corsa e lo seguii.
Da preda a inseguitrice quindi?
Esatto. L’unico modo per fermare lo stalking è non avere paura e non indietreggiare.
Com’è proseguito l’inseguimento?
Naturalmente, il tipo in questione si accorse subito di avermi dietro di sé con l’auto e si accostò sul ciglio della strada per farmi passare avanti. Proseguii, sorpassandolo, ma non avrei mai accettato di averlo ancora dietro alle mie spalle. Quindi, a un certo punto mi misi di traverso con la macchina lungo la via per sbarrargli la strada e guardarlo negli occhi. Nello stesso tempo avevo memorizzato la targa, il colore e il modello della sua vettura.
Cosa hai provato in quegli istanti?
Difficile descriverlo a parole. So dirvi per certo che avrei fatto di tutto per difendere la mia vita. Circa lui, pensai a quanto possa essere misero e piccolo un “uomo” per seguire una donna da sola.
Dopo questo episodio, il tale ha continuato a pedinarti?
No. Ovviamente ha smesso.
Era un amico o un conoscente del tuo ex?
Non tra quelli che ricordavo quando convivevo con lui. Ma ero certa che quell’uomo in nero fosse legato al mio ex compagno.
Come sei riuscita effettivamente ad avere poi la certezza di questo?
Feci delle ricerche lunghe e accurate su Internet. La faccia di quel soggetto ce l’avevo stampata nella mente. Lo ricordavo alla perfezione, come se la sua immagine fosse rimasta impressa nella mia memoria. In questo modo riuscii a trovarlo e ad avere la prova che era un amico del mio ex.
Hai sporto formale denuncia-querela per tali fatti?
Certamente. Ma venne archiviata.
Quando, presso la Caserma dei Carabinieri, hai raccontato di essere seguita da conoscenti del tuo ex, cosa è successo?
Il Maresciallo non credeva a quanto dicevo. Continuava a ripetermi di fare finta di niente. Anche se avevo portato la targa, se sapevo perfettamente fare un identikit dell’offender.
Quali prove avrebbe voluto il Carabiniere?
Diceva che avrei dovuto chiamare una volante durante l’episodio e far chiedere i documenti a colui che mi seguiva. Come se fosse realistico ciò che mi suggeriva il Maresciallo…Secondo lui il tipo avrebbe ammesso “sì , stavo seguendo Agnese”. Altre favolette e appigli che ci raccontano per non difendere le donne vittime di violenza.
Davanti alla mancanza di tutela da parte del nostro Stato, cosa hai fatto?
Ho pensato a difendermi da sola. Arrivai ad avere il numero di colui che mi seguiva, gli telefonai e gli dissi di lasciarmi in pace.
Non hai avuto paura di ritorsioni?
Assolutamente no. Chi perseguita una donna è molto vigliacco. Una persona forte ti affronta a viso aperto, non ti sta con il fiato sul collo o dietro le spalle.
Il tuo ex ha proseguito nel piano delittuoso?
Assolutamente sì. Informò in maniera anonima la moglie del mio collega di una presunta relazione tra me e lo stesso. La cosa più buffa è che il mio carnefice sapeva su di questo signore più cose di me. Naturalmente non mancò di dirmelo in una lunga mail, che definì “ultima”.
Vuoi dire che in parte ammise ciò che aveva fatto?
Proprio così. Solitamente un narcisista perverso maligno non riesce a contenere la “gioia” di certi piani diabolici. Ammette senza neppure accorgersene, talmente grande e avida la voglia di distruggere la vittima. Non si ferma mai a uno, fa sempre il bis, il tris. E questa è la sua grande pecca. Non si accontenta di vincere, vuole stravincere ed è così che si autodistrugge.
Secondo te si tratta di un tipo di ammissione consapevole o inconsapevole?
Entrambe. Inizia in maniera consapevole: dice ciò che ha compiuto per vantarsi e mettere paura alla vittima. In questa fase, preso dal delirio di onnipotenza, si lascia andare a dettagli e confessioni con i quali si scava la fossa da solo.
Se ricordo bene, poi è stata la volta delle lettere anonime. Giusto?
Esatto. Tra queste, una proveniente dalla stessa nazione della nuova compagna del mio ex.
La tua storia è incredibile non solo per la crudeltà delle azioni compiute dal tuo ex, ma per la tua sagace intelligenza. In tutto ciò a colpirci è stata l’intuitiva interpretazione che riuscisti a fare circa un post pubblicato da Leonardo su un social network. Vuoi parlarcene?
In quelle righe egli faceva un plauso a sé stesso per il disegno malefico messo in atto e parimenti ringraziava il supporto e la collaborazione dei suoi amici.
Un dettaglio che ci hai raccontato e vale la pena sottolineare per far capire alle persone quanto nulla che sia compiuto da tali individui patologici, è lasciato al caso. Che date riportavano rispettivamente la mail inviata a te e il post pubblicato sul suo profilo?
La missiva elettronica e il post sul social network avevano la medesima data, con la differenza che la mail era stata scritta qualche ora prima. Il post era infatti il riassunto generale di quanto aveva eseguito ai miei danni, compresa la mail.
Ce la fai ad analizzare il suo scritto sul “trionfo” che stava celebrando?
Parlava di una telefonata, probabilmente la chiamata anonima che fece alla famiglia del mio collega. E attraverso una metafora delle corse automobilistiche diceva di due auto, come se avesse dovuto gareggiare per qualcosa con qualcuno. Con chi? Certamente con un uomo, poiché scriveva “lui sulla curva è andato fuori strada”.
Chi intendeva con questo “lui”?
Il mio collega. Il suo nemico in questo caso era lui, ma “per causa” mia”. Era un elemento da togliere di mezzo, perché era un sostegno per me sul lavoro e inoltre Leonardo era convinto che lo stesso avesse una relazione con me.
Come proseguiva nel suo perverso e delirante post?
Centrale nello scritto erano le “gomme dure”, ossia i mezzi violenti che aveva usato per soverchiarmi. A ciò si aggiungeva “l’assetto vincente” a indicare una via definitiva per distruggermi, dopo le varie che aveva intrapreso.
La tua analisi lucida e salvifica può aiutare molte donne. Com’è andato avanti?
Mentre ringraziava i suoi adepti, parlava di una notifica che aveva i colori della bandiera a scacchi. La notifica era la mail con la quale egli esprimeva tutte le nefandezze che aveva compiuto. La missiva elettronica rappresentava il mezzo attraverso cui trionfava su di me e quindi la bandiera a scacchi era quella dell’arrivo, della fine del giro.
In poche parole, mediante la lettura e l’interpretazione di questo post sei riuscita a ricostruire tutto ciò che aveva fatto ai tuoi danni…
Sì. È stato come la cartina al tornasole per ricostruire tutti gli episodi, che non erano pochi: dai pedinamenti fisici alle azioni contro il mio collega e la sua famiglia, fino alle lettere anonime e alla famigerata mail.
La cosa ancora più sorprendente è come le parole di questo soggetto patologico, incomprensibili a chiunque, ti abbiano illuminata circa le sue intenzioni future. Cos’altro capisti da quelle righe?
Capii che il prossimo colpo sarebbe stato tentare di portarmi via il figlio. Parlava infatti di “un altro Gran Premio, quello difficile”. Sapeva benissimo che non è facile allontanare un bambino dalla madre.
Insomma, paragonava azioni disumane alle gare automobilistiche?
Sì. Parlava di giri di auto, mentre mi gettava nel girone infernale.
Agnese, questo post di che periodo era?
Settembre 2016.
Da allora, tu vivi con la piena consapevolezza che esiste un uomo che agogna la tua distruzione e vive per annientarti?
Proprio così. Ma è questa consapevolezza che mi ha reso più forte e soprattutto mi ha dato la possibilità di prevedere le sue sadiche mosse. Sono due anni che fa di tutto per infangarmi come madre e crea assurdi pretesti di scontro per cercare una mia reazione.
L’interpretazione che hai dato delle sue parole , ti ha indotta a pensare che volesse toglierti il bambino. Ma hai avuto un riscontro poi di questa tua previsione?
Sì. Recentemente ha chiesto l’affidamento del minore, definendomi come un genitore non collaborativo e litigioso.
Tutto ciò che avevi intuito dalle sue dichiarazioni, oggi è una realtà?
Sì. Ci tengo a far capire a tutti, compresi i Magistrati italiani, quanto ogni azione malvagia di questi uomini sia premeditata e progettata a lungo termine. Sono due anni che ha programmato di provare a togliermi il bambino e in questo tempo non ha fatto altro che tirarmi tranelli per farmi cadere o creare situazioni, atte a sporcare la mia figura di madre. Due lunghi anni nei quali ha “lavorato sodo” per un progetto diabolico, che aveva studiato a tavolino molto tempo prima.
Perché credi abbia alzato così il tiro?
Semplicemente perché mi sono ribellata alla sua schiavitù. Come è stato già sottolineato prima, quando hai davanti un narcisista perverso maligno o stai con lui-il che vuol dire diventare uno zerbino-oppure contro di lui. Non esistono vie di mezzo, sfumature o tutto ciò che fa parte della vita comune degli esseri umani. Qualora una donna disobbedisce al “re”, deve pagare un prezzo alto: questo pensa l’aguzzino. Senza alcun senso di colpa o rimorso per le malvagità disumane che compie, poiché sono semplicemente la giusta punizione che l’ex compagna o moglie si è meritata.
Possibile che questi individui non riescano ad andare avanti nella loro vita? Mi spiego meglio: sono più di dieci anni che l’hai lasciato. Cosa vuole ancora da te?
Apparentemente vanno avanti, ma in verità non smettono di covare rancore, vendetta e piani di distruzione ai danni di colei che è la preda. Accade persino che creano famiglia appositamente per avere un alibi, facendo leva su un pregiudizio comune: se si è rifatto una vita, perché dovrebbe ancora torturare l’ex partner? Giocano su questi luoghi comuni per sviare sospetti e gettare un’ombra su tutto.
Hai appena detto “colei che è la preda”. Esiste solo un bersaglio per il carnefice?
Un uomo simile usa tutti indistintamente. Per lui siamo degli oggetti, insulse pedine da muovere per i suoi sporchi obiettivi. Genitori, figli, fidanzate, mogli, amiche, amanti, amici, fratelli: non vuole bene a nessuno, fuorché a sé stesso. Ho parlato di una preda, perché nonostante sfrutti continuamente chiunque a suo vantaggio, tuttavia scarica la sua immensa frustrazione solamente su una persona. Quest’ultima di solito coincide con la donna che ha osato scappare al suo dominio, potere e controllo. Con ciò, non voglio assolutamente dire che una nuova compagna sia esente dalle continue violenze di cui si rende autore, ma accettando di subirle, non scatenerà nell’abusante quel desiderio incontrollato di annientamento della vittima.
Anche il tuo ex compagno si è servito di un’escamotage simile?
Sì. Addirittura ha messo al mondo una figlia per dimostrare di avere meno risorse economiche da impiegare per mantenere il figlio che ha con me. Studiano dettagliatamente tutto. Si consultano con avvocati cinici e superficiali, che per soldi farebbero qualsiasi cosa. Nulla è frutto dell’improvvisazione, anche quando fingono una folle ira: usano la rabbia per indurre gli altri a credere che quella sia l’azione di un momento, istintiva e senza controllo. Invece è tutto sempre sotto il loro ossessivo controllo. Si tratta infatti di un disturbo ossessivo compulsivo onnipervadente.
Secondo l’idea che ti sei fatta con la tua esperienza personale, la nuova partner del maltrattante è consapevole delle azioni sadiche che egli compie contro di te?
In parte sì e in parte no. Certamente è vittima della manipolazione psicologica fatta da lui e sarà stata diabolicamente indotta a provare emozioni negative nei miei confronti. In ogni caso, è arrivata ad avere un ruolo attivo nelle nefandezze escogitate da Leonardo: da qualche parente o amico ha fatto scrivere una lettera anonima proveniente dalla sua nazione di origine e indirizzata a me; si è resa autrice della finzione economica di povertà del suo compagno con finti contratti di compravendita di alcuni beni.
Anche questa donna vive sotto schiavitù?
Nessuna è esente. La diversità tra me e lei è che io non l’ho accettata e oggi pago il prezzo per questa coraggiosa scelta, lei invece ci sguazza dentro forse pure contenta…(sorride n.d.r.)
Un’ultima domanda e poi chiudiamo: come fa vivere le sue donne Leonardo?
Per prima cosa le induce a creare figli, naturalmente in nome di un amore che non prova minimamente. Questo gli serve per indebolire la donna, legarla a sé ed avviene con una velocità sbalorditiva. Dopo qualche mese di frequentazione, si riproduce come fanno i conigli. Poi Leonardo ha un particolare intento di far crescere i suoi bambini dalla madre, la quale probabilmente è il genitore abusante che ha creato la ferita narcisistica nel figlio. Così, dopo che la partner ha dato alla luce la sua creatura, la manda a lavorare come una schiava e le impedisce di svolgere il suo ruolo genitoriale, delegando per lo stesso “mamma-cerbero”.
Perché questo assurdo desiderio di portare i figli alla madre?
La madre per lui rappresenta il Falso Sé, quella specie di divinità interiore per la quale deve sacrificare altre vittime. Ella ha bisogno di rifornimento narcisistico e Leonardo deve costantemente alimentarla, in modo che anche egli possa sfamarsi. Sono come due vampiri.
Se abbiamo capito bene, vuoi dire che Leonardo a sua volta è vittima della madre?
Proprio così. Egli sazia la sua fame di rifornimento narcisistico, vedendo la madre sfamata del medesimo. Non portare al genitore abusante le vittime sacrificali, significa per lui deluderla e rivivere la ferita narcisistica dell’infanzia.
Grazie Agnese per la tua immensa collaborazione.
Grazie a voi e a presto.
Conclusioni
Nel prossimo articolo analizzeremo dettagliatamente le risposte di Agnese, perché da queste esce un quadro completo circa il profilo dell’uomo violento. Capire alcuni meccanismi può aiutare le donne a salvarsi e a limitare i danni, derivanti dal piano di distruzione dell’aguzzino.
Leggi la presentazione del libro “Su ali di farfalla”