di Ambra Sansolini
Introduzione
Il romanzo tratta il tema della violenza sulle donne. La vicenda narra una storia realmente accaduta, attraverso la quale vengono indicati gli strumenti per riconoscere i segnali di un rapporto pericoloso e i mezzi per uscirne. L’intera opera si snoda attorno alla metafora degli stadi di sviluppo della farfalla: dal guscio dell’uovo, al bozzolo, per poi giungere alla crisalide e al lepidottero colorato, che vediamo volare liberamente sui prati verdi. Il libro delinea un quadro difficile e duro della realtà, in cui le vittime sono costrette a lottare non solo contro il carnefice, ma contro un intero sistema. Pertanto, si propone anche di denunciare alcune verità, troppo spesso taciute dai mass media. Lo scopo è quello di far capire che esistono innumerevoli modi per uccidere una donna, molti dei quali non prevedono spargimento di sangue. La nostra protagonista, Agnese, è stata uccisa innumerevoli volte, anche da chi avrebbe dovuto difenderla e invece l’ha lasciata nelle mani sadiche del suo aguzzino. Che ruolo hanno le Istituzioni in questa piaga sociale? Come ha fatto la fanciulla a prendere il volo verso la libertà?
Vai al link del romanzo su Lulu.com (eBook)
Ordinalo in formato cartaceo su
Prima parte
Nella prima parte si parla della vita di Agnese precedente all’incontro con l’abusante, Leonardo. Tutto ciò, perché è importante mettere in evidenza quali siano i tratti principali che attirano questi uomini. Infatti va sottolineato che ci sono alcune donne più predisposte a relazioni pericolose: “sono quelle che amano troppo”. C’è un punto fondamentale su cui riflettere: l’aggancio. Occorre capire quale sia stato l’anello che ha permesso al carnefice di catturare a sé la vittima. Spesso, ci sono fasi della vita, in cui una persona magari è più fragile ed è proprio in quelle debolezze che va a insinuarsi il “predatore sociale”. Mostrare le proprie ferite può esporre a situazioni simili, perché gli squali, si sa, sono attirati dal sangue. Nessuno arriva dicendoti “ciao sono un mostro”, altrimenti sarebbe facile sfuggirgli. Arriva invece vestito dei tuoi sogni e desideri, indossando ciò di cui hai più bisogno. Si traveste da salvatore o all’opposto da colui che deve essere salvato. Infatti, è attraverso una sagace finzione che il soggetto violento getta la rete per la trappola. Pertanto, uno dei traumi più grandi per la donna è scoprire come la storia d’amore per la quale si è lasciata distruggere, in verità, non sia mai esistita.
Seconda parte
Nella seconda parte del romanzo viene descritto il profilo dell’abusante e si entra nei dettagli della sottile manipolazione mentale, attuata ai danni della donna. È la fase in cui sarebbe ancora possibile allontanarsi dal carnefice. Per questo, diventa importante porre l’attenzione sulle spie iniziali. Dopo questo momento, è sempre più difficile uscire dalla relazione, perché comincia poi la violenza psicologica, preludio e anticamera di quella fisica. La vittima, mano a mano, perde sempre più fiducia in sé stessa e riporta gravi lesioni dell’autostima: resta così, inerme, nelle mani dell’uomo maltrattante.
Leggi anche la violenza psicologica
Terza parte
Inizia la convivenza tra Agnese e Leonardo. È in questa fase che il carnefice tira fuori tutto il suo sadismo e interrompe bruscamente la finzione iniziale. Si scopre così nel suo vero volto, che è l’opposto del fidanzato amorevole e romantico del corteggiamento. Ormai, la fanciulla è in gabbia e non serve più fingere continuamente amore per conquistarla. Dopo gli episodi di violenza, il carnefice darà alla vittima qualche goccia di finto sentimento, appositamente per destabilizzarla e confonderla. Il drammatico risultato è che la donna non sa più chi ha davanti a sé e si attacca morbosamente alle briciole delle emozioni positive, cinicamente suscitate in lei dalle impeccabili e saltuarie recite del compagno. Nelle storie di violenza domestica il punto di non ritorno è la nascita di un figlio: solo mediante questo “lieto” evento, il maltrattante riuscirà a mettere il lucchetto alla gabbia, diabolicamente costruita attorno alla partner. In effetti, con uno o più figli, sfuggirgli diventa davvero un’impresa complicata. Ad aggravare la situazione sono le condizioni economiche della donna che, qualora non abbia una propria indipendenza, si sente legata al suo aguzzino e impotente verso qualsiasi altra soluzione. Non è il caso di Agnese, aiutata dalla sua famiglia di origine, ma sono molte quelle che accettano qualsiasi forma di vessazione, perché per liberarsi dalle violenze occorrono forze materiali e morali. Alla luce di questi fatti si rende necessario il contributo delle Istituzioni, che dovrebbero garantire la salvezza a tutte le vittime.
Vai all’articolo sul gaslighting
Quarta parte
Nelle parte finale del racconto, Agnese si ribella a Leonardo e mette fine alla convivenza. Lo fa, proprio nel momento più difficile della sua vita, sostenuta dalla Fede in Dio e dalle persone a lei care. La salvezza della fanciulla passa attraverso il coraggio di parlare, poiché il silenzio è il concime delle violenze. Verrebbe spontaneo pensare che il calvario sia finito e invece è a partire dalla denuncia e dalla scelta di lasciare il compagno, che inizia la vera battaglia. D’ora in poi, la ragazza dovrà lottare non più solo contro l’ex partner, ma contro un intero sistema, sordo al grido di aiuto di chi subisce i soprusi. Queste sono le pagine in cui il racconto della vicenda della protagonista lascia spazio alla cruda verità. Vengono così messe in risalto tutte le lacune della Magistratura italiana e degli organi statali, addetti alla salvaguardia delle vittime. La violenza dell’ex fidanzato si moltiplica con la violenza delle Istituzioni, gettando la donna in un senso di solitudine e scoramento immenso. La sua immensa voglia di prendere il volo è proporzionale all’impeto di distruzione di Leonardo, che per fermarla, mette in atto persino un sadico piano di stalking misto a mobbing. A questo punto, Agnese si trova stretta in una morsa e deve combattere audacemente per arginare le vessazioni dell’ex fidanzato e dei collaboratori del medesimo. In che modo riuscirà a salvarsi?
La denuncia: l’inizio del calvario
Quinta parte
Nelle ultime pagine del libro la conclusione coincide con un messaggio di speranza per tutte le donne vittime di violenza: uscirne, si può e anche migliorate. A questo bagliore di luce, si unisce l’epilogo finale: una sorta di vademecum in cui i lettori possono trovare, anche attraverso gli errori commessi dalla protagonista, dei consigli validi per non incappare in storie di violenza o, in caso di figli in comune con il carnefice, gli strumenti necessari per gestire una situazione difficile e opprimente.
Conclusioni
Il racconto è portato avanti dal narratore onnisciente o esterno, che talvolta lascia spazio alle riflessioni stesse della protagonista, in una sorta di intervista estemporanea, in cui ella fa da narratore interno. Alla storia personale della ragazza si intreccia l’analisi dettagliata delle dinamiche, ricorrenti nelle vicende di violenza e attraverso gli errori di Agnese, vengono indicate le soluzioni giuste da prendere. Si tratta pertanto di un romanzo-verità, ma anche edificante, che si propone di informare per salvare.
Il dramma che mette in risalto non è solo quello dei soprusi, compiuti dall’uomo maltrattante, ma è legato a un intero sistema, che va dalla gente comune alle Istituzioni. Si parla infatti di violenza sulla violenza. A gettare le vittime nello sconforto e nella solitudine non sono tanto gli abusi dell’aguzzino, quanto i giudizi, i silenzi, le giustificazioni di chi assiste e non fa nulla o, nei casi peggiori, di chi aiuta addirittura l’uomo violento. È doveroso sottolineare come siano le donn le prime a scagliarsi contro altre donne (nel caso del mobbing di Agnese è stata una “creatura femminile” a compiere e a fare da regista al misfatto). Allora, diventa inutile anche parlare di violenza di genere. La lotta e la campagna di prevenzione non devono puntare a dividere gli uomini dalle donne, screditando i primi, a vantaggio di queste ultime, ma hanno il compito di diffondere messaggi di uguaglianza tra i due sessi per una convivenza pacifica e civile, anche risanando l’immagine deturpata della famiglia. La verità è che la violenza non ha ceto sociale, professione, sesso, nazione o religione: è un fenomeno trasversale, che riguarda tutti. Ma ognuno, nel suo piccolo, può fare molto. Si tratta infatti di un meccanismo a catena, per cui la violenza porta violenza. Spezzare anche solo un anello vuol dire interrompere un circuito pericoloso e nocivo. Iniziamo dai nostri giovani, attraverso l’informazione, perché diventino genitori responsabili e soprattutto non diano vita a figli, che in un futuro prossimo potrebbero diventare dei “mostri”.